Articolo pubblicato su HR On Line, n.6 2016
Mi ha molto intrigato l’editoriale di Paolo Iacci comparso sul n° 4 di HR OnLine.
Prima di tutto perché mi ha fatto ripensare ai miei primi anni nel Personale quando mi occupavo di introdurre nuovi sistemi di gestione delle performance e di valutazione del potenziale. Momenti e progetti utili per l’azienda per la quale lavoravo e che mi hanno permesso di costruire una competenza specifica in questi campi. Ma la ragione principale per la quale l’articolo mi ha colpito è la constatazione dell’autore sul fatto che stiamo perdendo i fondamentali del mestiere delle Risorse Umane. Credo che il rischio sia presente, dovuto anche al ricambio generazionale, ma soprattutto nell’interpretazione del ruolo HR.
Quel che più mi preoccupa infatti è il ruolo dell’organizzazione delle risorse umane. Tocca ai membri della funzione HR, specialisti o generalisti che siano, creare e diffondere la cultura (conoscenze, know‐how, competenze) nella gestione delle persone, che possa poi permettere ai responsabili di linea di considerare questi aspetti nelle loro attività manageriali nei confronti dei collaboratori.
La mia attività di docente e consulente mi permette di incontrare molte persone che lavorano nelle Direzioni del Personale, e devo dire che una cosa mi ha colpito negli ultimi tempi: sempre più sui biglietti da visita che mi vengono consegnati dai colleghi, giovani e meno giovani, trovo la dicitura Business Partner. Questi titoli mi fanno piacere, perché dimostrano un’esigenza che ho sempre considerato fondamentale: la vicinanza al management e al business dell’impresa per cui l’HR lavora.
Ho verificato, il libro da cui è emersa l’esigenza di questa definizione compie vent’anni. È stato nel 1996 che Dave Ulrich ha pubblicato il volume con cui ha influenzato le organizzazioni delle risorse umane negli ultimi anni. Ulrich si rifaceva a quattro metafore per spiegare questo nuovo ruolo della funzione: era necessario essere un partner strategico, un esperto amministrativo, un campione dei dipendenti e infine un agente del cambiamento. È a questo testo che, come molti altri colleghi, mi sono ispirato quando ho dovuto ripensare il ruolo della nostra funzione o illustrarlo in seminari e conferenze. La sintesi delle quattro metafore è appunto il Business Partner. L’idea di fondo di Ulrich era semplice: chi lavora nell’organizzazione delle risorse umane deve essere vicinissimo al business e deve capirlo e comprenderlo a fondo se vuole fare bene il suo lavoro. Concretamente questo significa lavorare a fianco dei manager operativi insieme ai quali si prenderanno le decisioni riguardanti le persone.
Il timore è che questa vocazione ad essere Business Partner, con le esigenze connesse agli obiettivi da raggiungere e le richieste a fare sempre più in fretta, possa spingere troppo sugli affari, facendo dimenticare l’altra faccia del Business Partner, quello che fa capo alle quattro metafore che abbiamo richiamato e che sono le competenze chiave delle Risorse Umane. Non solo, il rischio è anche di una sorta di abbandono dell’altra parte importante del ruolo. Essere HR Business Partner significa essere anche dei consulenti interni sui temi del personale in grado di proporre decisioni, interventi e soluzioni coerenti con le nuove professionalità delle risorse umane e che tengano conto della complessità che stiamo affrontando ogni giorno. Il che significa possedere non solo i basic ma essere in grado di influenzare il management sui nostri temi: dalla selezione allo sviluppo, dal potenziale al compensation, dalle relazioni industriali alla formazione, dalla comunicazione all’organizzazione e al cambiamento.
Un ruolo quindi che necessita di competenze e di know‐how da trasferire, di esperienze da maturare, di innovazione organizzativa, di successi e di credibilità, e soprattutto della capacità di entrare in sintonia con il management e di essere in grado di tenergli testa portandolo a prendere decisioni che tengano conto di tutte le variabili soft.
Doriano Marangon